La teoria critica del desiderio

«Le persone si riconoscono nelle loro merci; trovano la loro anima nella loro automobile, nel giradischi ad alta fedeltà, nella casa a due piani, nell'attrezzatura della cucina. Lo stesso meccanismo che lega l'individuo alla sua società è mutato, e il controllo sociale è radicato nei nuovi bisogni che esso ha prodotto». Herbert Marcuse, "L'uomo a una dimensione", 1964.

Nel suo capolavoro del 1955, "Eros e civiltà", Marcuse esplora l'interazione tra il principio di piacere e il principio di realtà, concetti mutuati da Sigmund Freud. Secondo Freud, la civiltà impone una repressione degli istinti per mantenere l'ordine sociale. Marcuse, tuttavia, va oltre, sostenendo che la società capitalista non solo reprime i desideri, ma li manipola per servire i propri interessi economici e politici. In questa visione, i desideri vengono incanalati verso il consumo di massa, perpetuando così il controllo sociale e la stabilità del sistema.

Un concetto chiave della teoria di Marcuse è la "desublimazione repressiva". In parole semplici, si tratta di una forma di liberazione apparente dei desideri che, anziché portare a una vera emancipazione, rinforza le strutture di controllo. La società capitalista sfrutta il desiderio sessuale e altri impulsi primari attraverso la pubblicità e la cultura popolare, creando bisogni falsi che mantengono l'individuo legato al ciclo del consumo. Questa dinamica impedisce la realizzazione di bisogni autentici e profondi, quelli che porterebbero alla vera libertà e realizzazione umana.

Il filosofo vede nell'arte e nella cultura dei potenziali strumenti di resistenza e liberazione. Le opere d'arte che sfidano le convenzioni sociali possono aprire nuovi spazi di immaginazione e desiderio, promuovendo la critica e il cambiamento sociale. Questa prospettiva ha ispirato molti movimenti culturali e sociali degli Anni '60 e '70, che hanno visto nell'arte una via per contestare l'ordine stabilito.

Nel suo influente libro del 1964, "L'uomo a una dimensione", Marcuse analizza la capacità della società industriale avanzata di integrare e neutralizzare la critica attraverso la creazione di bisogni falsi. In questo contesto, l'individuo diventa "a una dimensione", incapace di concepire alternative al sistema esistente. Questa analisi, sebbene pessimistica, offre una potente critica alla conformità e all'omologazione indotte dal capitalismo avanzato.

La visione di Marcuse di una società liberata non si limita alla redistribuzione delle risorse, ma richiede una trasformazione radicale dei valori e delle pratiche culturali. Immagina una società in cui la repressione dei desideri viene ridotta e le relazioni umane diventano più libere e meno alienate. Questo ideale utopico, sebbene difficile da realizzare, continua a ispirare teorici e attivisti che cercano una via verso una maggiore libertà e realizzazione umana.

La teoria critica del desiderio di Herbert Marcuse, in sintesi, resta un contributo fondamentale alla filosofia sociale ed offre una lente attraverso cui analizzare le dinamiche di potere e controllo nella società contemporanea, il sociologo tedesco ci invita a riflettere su come i nostri desideri vengano modellati e su come possiamo liberarli per comprendere meglio le dinamiche della società contemporanea.

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