Sulla tolleranza repressiva

Nel 1965, Herbert Marcuse pubblicava un saggio intitolato "La tolleranza repressiva", parte del libro "Critica della tolleranza". Un testo ormai quasi dimenticato, ma che offre spunti di riflessione sorprendentemente attuali, soprattutto in un'epoca in cui il dibattito si basa sul politicamente corretto.

Il filosofo criticava la tolleranza come strumento del sistema per mascherare la repressione. La società dei consumi, secondo l'autore, tende a normalizzare le differenze, appiattendole in un conformismo che non permette il dissenso. La tolleranza, in questo contesto, diventa un modo per silenziare le voci critiche e perpetuare lo status quo.

Marcuse non si limita a criticare la tolleranza tout court.
Egli distingue tra una tolleranza sana, che permette il confronto di idee diverse, e una tolleranza repressiva, che serve a soffocare il dissenso. Per il filosofo, la vera libertà non può esistere in un clima di conformismo assoluto. Al contrario, è necessario che ci sia spazio per il confronto e la critica, anche di idee radicali o impopolari.

Le riflessioni di Marcuse assumono un'importanza ancora maggiore nell'odierna società dell'informazione,
dove la disinformazione e i populismi dilagano. La tolleranza repressiva può essere utilizzata per legittimare fake news e discorsi d'odio, presentandoli come semplici opinioni alternative. Per contrastare questo fenomeno, è necessario distinguere tra tolleranza sana e tolleranza repressiva. Non tutto ciò che è diverso o impopolare deve essere automaticamente tollerato. Alcune idee, come quelle razziste o discriminatorie, non meritano di essere incluse nel dibattito pubblico.

La difesa della libertà non è mai facile.
Richiede vigilanza e discernimento per distinguere tra le diverse forme di tolleranza e per contrastare la tolleranza repressiva che cerca di soffocare il dissenso. Il pensiero di Marcuse ci offre una lente preziosa per affrontare queste sfide e per costruire una società più giusta e libera.

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