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I problemi psicologici diventano politici

A circa settan'anni dalla sua prima pubblicazione del 1955, "Eros e civiltà" di Herbert Marcuse torna ad interrogare i lettori con la sua analisi penetrante della psiche e della società. Un'opera complessa e affascinante che, seppur nata in un contesto storico ormai remoto, offre spunti di riflessione sorprendentemente attuali. Al centro del saggio, il rapporto tra Eros e Thanatos, tra pulsioni di vita e pulsioni di morte. Il filosofo tedesco rilegge il pensiero freudiano in chiave politica, sostenendo che la civiltà moderna, basata sul profitto e sull'estraneazione del lavoro, reprime inevitabilmente gli istinti umani.

Questa repressione, secondo il filosofo, porta a una "desublimazione repressiva" che mercifica le pulsioni e le svuota di senso. Ma c'è ancora speranza per cambiare questa condizione? Marcuse non si arrende al pessimismo ed auspica una "civiltà non repressiva", dove Eros, la forza vitale e creativa, possa finalmente liberarsi dalle catene della repressione. Una società utopica, certo, ma che ci spinge a riflettere sulle storture del nostro presente e sulle potenzialità di un futuro diverso.

"Eros e civiltà" non è solo un'opera di critica sociale, ma anche una valorizzazione della dimensione estetica. L'arte e la letteratura, per Marcuse, rappresentano una via di fuga dalla realtà repressiva e un'anticipazione di una società futura più armoniosa. Un libro impegnativo, senza dubbio, ma che ripaga ampiamente il lettore con la sua profondità di pensiero e la sua carica visionaria. Quella del sociologo della Scuola di Francoforte è un'opera da riscoprire, capace di scuotere le nostre convinzioni e di spingerci a immaginare un mondo migliore, sebbene immersa in un contesto storico e culturale ben preciso. Per coglierne appieno la portata rivoluzionaria, è necessario leggerla con sguardo critico, non come un dogma da seguire alla lettera, ma come un invito a ripensare le sue categorie in dialogo con i nostri tempi.

L'analisi di Marcuse può essere un punto di partenza per esplorare le nuove frontiere della repressione e della desublimazione nell'epoca del capitalismo digitale, dove la pervasività dei social media e la mercificazione dell'esperienza rischiano di colonizzare ogni aspetto dell'esistenza. Le sue intuizioni sul potere liberatorio dell'arte e dell'immaginazione possono ispirare nuove forme di resistenza e di sovversione, capaci di decostruire i meccanismi di controllo e di alienazione che dominano la nostra società.

"Eros e civiltà", dunque, non come un'opera da venerare acriticamente, ma come una bussola per orientarci nel labirinto del presente e per immaginare un futuro meno repressivo, più giusto e più armonioso, dove la dimensione estetica possa finalmente esplodere in tutta la sua potenza liberatrice. In questo senso, l'eredità di Marcuse non ci invita alla nostalgia per un passato perduto, ma all'azione per un futuro da costruire. Un futuro dove Eros, finalmente libero dalle catene della repressione, possa illuminare il cammino di una società più umana.

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