Calcio: la storia di Heriberto Herrera, il sergente di ferro
Un manager autocratico di origini sudamericane che ottenne molti successi in Spagna e raggiunse l'apice della sua carriera nella Serie A degli Anni '60, quella dominata dal catenaccio. Questa è la storia di uno dei suoi principali attori, il paraguaiano Heriberto Herrera, o H.H.2, come lo battezzò la stampa italiana per dintinguerlo da Helenio Herrera (H.H.).
Le similitudini e le differenze tra i due Herrera
Le affinità tra Heriberto ed Helenio, due giganti della panchina, non si limitavano al nome, alle iniziali e alle origini sudamericane. Entrambi hanno trascorso la maggior parte dei loro giorni da giocatore e l'intera carriera da allenatore in Europa e sposato il pragmatismo e la solidità difensiva come loro filosofie calcistiche. Tutti e due credevano ardentemente nel valore del collettivo di squadra ed avevano personalità altamente divisive ed autoritarie. Per un certo lasso di tempo sono stati i due allenatori più pagati al mondo ed entrambi hanno disposto il trasferimento di attaccanti di grande valore, a cifre record.
Gli inizi della carriera di Heriberto Herrera
Mentre allenava l'Atlético Madrid, il manager Helenio Herrera si fece raccomandare il giocatore Heriberto Herrera (di 14 anni più giovane). Il trasferimento del paraguaiano in Spagna fu completato nel 1952 e si rivelò un grande successo, fino a quando un infortunio lo costrinse al ritiro anticipato all'età di 30 anni. Le sue ambizioni di intraprendere una carriera da allenatore avanzarono rapidamente e nel giro di pochi mesi fu assunto alla guida del Rayo Vallecano. Il Tenerife, in seguito, gli offrì il suo primo incarico da allenatore a tempo pieno, poi venne ingaggiato dal Valladolid, ottenne la promozione in massima serie con l'Español ed un quinto posto in Liga con il piccolo Elche, nel 1964.
La sfida all'Inter di Helenio Herrera
Il calcio europeo era allora saldamente nella morsa di ferro dell'impenetrabile Inter di Helenio e una Juventus in difficoltà cercava un nuovo allenatore con idee fresche per sfidare ed insidiare il tecnico argentino. Impressionato dal suo lavoro all'Elche, il trentottenne Heriberto divenne ben presto la soluzione più audace del club bianco-nero. Così lo scontro in Serie A tra H.H. e H.H.2 fu inevitabile.
Nessuno si aspettava che Heriberto colmasse il divario con l'Inter dall'oggi al domani e questo gli permise lo spazio sufficiente per pianificare cambiamenti significativi nella modalità di gioco della Juventus. Voleva seguire l'ortodossia dominante di Helenio, ciò significava adattare la sua squadra ad una formazione più disciplinata e con una mentalità più difensiva rispetto alla squadra disorganizzata che aveva ereditato.
La sua era una visione tattica netta e rigida che propugnava il mantenimento della forma della squadra in ogni momento, preferendo che i giocatori occupassero posizioni fisse e svolgessero ruoli predeterminati, limitando al massimo i personalismi. Heriberto non approvava i difensori con tendenze offensive, in quanto, secondo il suo punto di vista, non avevano senso in quanto incarnavano una pura contraddizione in termini.
Il successo di Heriberto Herrera
La sua bestia nera era il ribelle; il giocatore abile ma sregolato. Nessuno corrispondeva meglio a questo profilo del volubile argentino Omar Sívori, e non ci volle molto perché la coppia litigasse. Il fuoriclasse si ruppe le costole ed Heriberto approfittò spietatamente della sua assenza per liquidarlo: "È finito, non ci serve più". Quando tornò in forma, il furioso Sívori non fu reintegrato nella prima squadra e venne ceduto al Napoli.
A Torino, Heriberto iniziò ad ambientarsi dopo aver superato le critiche iniziali sul suo approccio rigoroso. La Juventus finì molto distanziata dall'Inter nel suo primo campionato in Serie A, ma registrò un brutto colpo dopo la sconfitta nella finale di Coppa Italia del 1965. Con l'Inter che aveva vinto sia lo scudetto che Coppa dei Campioni, Heriberto negò ad Helenio quello che sarebbe un triplete storico.
Per i tifosi della Juventus che avevano apprezzato il fiume di gol portato dalla prolifica coppia formata da Charles e Sivori, la rigida ossessione di Heriberto per la parsimonia difensiva fu un vero e proprio shock culturale. Lo si notò chiaramente nelle prime settimane della stagione 1965-66 (un solo gol segnato dalla squadra nelle prime quattro partite). Nelle quattro stagioni successive, i testa a testa tra Juventus e Inter, videro la formazione di Heriberto Herrera prevalere in difesa, a discapito del "catenaccio" di Helenio. Nel 1966, i bianco-neri segnavano molto meno, ma il divario tra le due formazioni rivali si stava progressivamente riducendo.
Il trionfo inaspettato
La stagione 1966-67 fu decisiva per la carriera di Heriberto in bianco-nero, la tifoseria lo sosteneva con forza, proprio mentre il campionato si stava trasformando in una corsa tra Inter e Juventus. L'Inter rimaneva la migliore squadra italiana, ma la Juventus si dimostrava tenace e costante per restare in lizza, fino alla fine. L'Inter inciampò verso la fine della stagione ed incontro i rivali all'ultimo turno, con la Juventus ad solo un punto di distacco.
All'intervallo di quell'ultima giornata carica di tensione, sia la partita dell'Inter a Mantova che la gara in casa della Juventus contro la Lazio si trovavano ancora in parità e senza reti. La Juventus segnò due volte nel secondo tempo ed ebbe un colpo di fortuna quando Sarti, il portiere dell'Inter, subì un gol innocuo da Di Giacomo del Mantova. L'Inter non riuscì a riprendersi da quella rete e la Juventus, per la prima volta, passò in vetta alla classifica.
La caduta in disgrazia di Helenio fu aggravata dalla scioccante sconfitta dell'Inter contro il Celtic nella finale di Coppa dei Campioni ed improvvisamente la sua posizione di allenatore venne messa in discussione, eclissato per il momento dal suo rivale paraguaiano. Con l'Inter che sembrava ormai sbiadita, la Juventus di Heriberto avrebbe dovuto farsi avanti e dominare la Serie A. I gol però continuarono a latitare, così nella stagione successiva, lo scudetto fu ceduto al Milan e non ci fu redenzione neanche in Europa, con la Coppa dei Campioni che si concluse con la sconfitta della squadra di Heriberto in semifinale contro il Benfica.
Gli ultimi anni di carriera e l'eredità di Heriberto Herrera
I nuovi arrivati si erano ambientati bene e la Juventus stava vivendo una forte stagione 1968-69 fino a quando la loro stagione non deragliò in modo improvviso. Il danno avvenne nella partita in casa contro una Roma allenata proprio da Helenio Herrera; sceso al sud dopo aver lasciato l'Inter. La Juventus, in vantaggio di due reti, si fece raggiungere sul pareggio con un rigore controverso e molto contestato.
Il fischio finale, arrivato pochi secondi dopo, scatenò una rivolta delle tifoserie con dozzine di feriti. Un tifoso della Juventus venne arrestato per aver puntato una pistola carica contro i giocatori della Roma ed Helenio Herrera, mai popolare a Torino, fu colpito al volto da un tifoso bianco-nero sull'autobus della squadra. La Juventus, a causa di questi episodi violenti, subì una pesante multa: la partita venne inizialmente assegnata alla Roma, una decisione poi annullata in appello. La squadra di Heriberto recuperò il suo punto, ma mai il suo slancio, e la squadra venne superata in classifica dalla Fiorentina che trionfò in campionato.
I litigi sui trasferimenti esaurirono il regno quinquennale di Heriberto alla Juventus nell'estate del 1969, che non attese a lungo per ottenere una nuova panchina. Nel giro di poche settimane, infatti, divenne il nuovo allenatore dell'Inter con un contratto milionario che, di fatto, lo rese il secondo allenatore più pagato al mondo. Secondo sempre e solo ad Helenio ed al suo sbalorditivo ingaggio con la Roma.
La talentuosa rosa dell'Inter si era allontanata dal suo periodo d'oro ed avvertiva il bisogno di qualcuno che la rimettesse in forma. Il nuovo presidente dei nero-azzurri, Ivanoe Fraizzoli, faticava a trovare giocatori validi e voleva un disciplinatore al comando della squadra per cercare di emulare il modello Moratti-Helenio. Heriberto sembrava una scelta sensata. I suoi metodi di allenamento erano rigorosi, con i giocatori istruiti per raggiungere livelli molto alti di forma fisica. In questo modo faceva onore al suo soprannome di "sergente di ferro", iniziando la sua routine di allenamento pre-stagionale diverse settimane prima dell'avvio del campionato e partecipava regolarmente a tutte le sessioni. Heriberto era ossessionato dalla salute e dalla dieta, ai giocatori era vietato mangiare una vasta gamma alimenti e multava su due piedi chiunque fosse sorpreso a fumare.
Innovativo e creativo quando si trattava delle meccaniche del gioco, Heriberto creava schemi di passaggio ad alto ritmo in piccole aree come parte di quella che chiamava la sua "tecnica della matrice parallela". Piuttosto che rischiare che i messaggi urlati venissero fraintesi negli stadi rumorosi, sviluppò un sistema di gesti per trasmettere una serie di istruzioni generali ai suoi giocatori. I parallelismi tra il suo approccio chiaro e focalizzato alla gestione e quello di Helenio erano inquietanti, così come la natura dei rapporti che entrambi intrattenevano con i giocatori dell'Inter: tutti e due amavano Luis Suarez per la sua professionalità ed entrambi venivano distratti dal languido ed incostante Mario Corso.
L'unica stagione completa di Heriberto alla guida dell'Inter fu deludente. Nonostante il secondo posto dietro al Cagliari, il club non fu mai in lizza per il titolo, nonostante l'acquisizione record dell'attaccante Roberto Boninsegna. Ne seguì una caotica pre-stagione: Fraizzoli ignorò i desideri del suo allenatore vendendo Suarez e tenendo Corso, mentre il morale fu ulteriormente minato da uno sciopero dei giocatori causato dalla riduzione unilaterale dei bonus già concordati da parte del presidente della società. Neppure l'inizio della stagione 1970-71 fu positivo. Heriberto tradì la sua rigida disciplina e schierò il nuovo attaccante Sergio Pellizzaro come ala destra, ma con scarsi risultati.
Una sconfitta per 3-0 nel derby contro il Milan lasciò l'Inter in fondo alla Serie A dopo cinque partite e Heriberto Herrera fu esonerato. Con il senno di poi, tale scelta si rivelò essere eccessiva, considerando che la stessa squadra si riprese bene sotto la guida del giovane allenatore Giovanni Invernizzi, tanto da vincere il titolo. Heriberto si riunì di nuovo a Luis Suarez alla Sampdoria, prima di approdare all'Atalanta. Tornato in Spagna dopo 11 anni di assenza, allenò a Las Palmas, Valencia ed Español. Il suo stile si manrenne ostinato e si è dimostrò più abile nel consolidare club in difficoltà che nel far progredire quelli più ambiziosi. Il tenace olandese Johnny Rep non apprezzò i modi autocratici del sergente di ferro e il loro diverbio costò ad Herrera il posto al Valencia, nonostante il club occupasse il terzo posto in classifica.
Le vite intrecciate di Heriberto e Helenio si conclusero con il ritiro di entrambi avvenuto nel 1982. Helenio trascorse i suoi ultimi anni a Venezia, mentre Heriberto tornò a vivere, da pensionato, ad Asunción. Il paraguaiano scomparve nel 1996 e Helenio lo seguì l'anno successivo. Heriberto Herrera ha avuto una carriera che ha attraversato tre decenni e due continenti; ha vinto titoli in Spagna ed in Italia ed ha avuto anche l'onore e l'onere di allenare la nazionale del suo Paraguay in due Mondiali.
Nonostante le loro incredibili somiglianze, i due Herrera, in realtà, erano molto diversi. Helenio era noto per il suo stile focoso e carismatico, mentre Heriberto era più riservato e disciplinato. L'eredità di Heriberto non è stata così appariscente come quella di Helenio, ma comunque degna di un allenatore di grande successo internazionale che ha meritato di entrare, a pieno titolo, nella storia del calcio mondiale.